La Voce di Stefano
F-104 - un supertifoso sempre "fuoricasa" - 15 Oct. 2001 |
Come
si fa da piccoli a diventare tifosi della Reggiana abitando a 450 Km di
distanza, tra l’altro in una città come Roma dove giocano due grandi
squadre (anche se negli anni ’60 non erano certo come oggi) e senza
avere alcun legame di parentela o altro con Reggio Emilia? Mah, in 40 anni
me l’hanno chiesto tantissime persone, quasi tutte quelle che conosco
perché ho sempre cercato di far andare il discorso sul piano sportivo,
proprio per far sapere che IO SONO DELLA REGGIANA. La mia è come una
missione, far conoscere la Reggiana e i suoi magnifici tifosi a tutti. E
di episodi legati a questa mia passione che hanno coinvolto anche altre
persone ce ne sono tantissimi: dagli esami orali di terza media, svolti il
26 giugno 1975 mentre a S.Siro si disputava lo spareggio per rimanere in B
tra Reggiana e Alessandria, con mia madre che mi faceva i segni con le
persiane (la scuola era di fronte a casa) indicandomi con la loro
posizione il risultato e un mio compagno di classe che piombò in aula
intorno alle ore 20 proprio mentre ero interrogato dal professore di
matematica urlando che la Reggiana aveva vinto (e ciò aveva fatto
arrabbiare il professore che lo cacciò in malo modo), oppure al Liceo
dove tutti gli elementi maschili ormai seguivano il risultato della Regia,
infine all’Università dove ho scritto su tutti i banchi che mi sono
capitati in 5 anni di studi la frase GHETTO S.A.G., cercando di imitare i
caratteri degli striscioni. In occasione della partita di coppa Italia
Roma-Reggiana nel 1983 mi portai allo stadio anche due amici universitari,
che videro così all’opera i vari Tusino e Tivelli. Pure durante il
C.A.R. del servizio militare, svolto nell’Arma Aeronautica a Macerata,
ho talmente coinvolto la camerata che un giorno ci ritrovammo tutti vicini
a gridare GHETTO-GHETTO. Anche nell’ambiente di lavoro è stato fatto a
tutti il lavaggio del cervello, con tanto di replay il lunedì in cui
riproduco (indegnamente) i gol della Reggiana del giorno prima. E tanti
colleghi ormai seguono domenicalmente il risultato della Regia o mi
chiedono “Ieri com’è andata?”. E infine i miei amici e parenti,
nessuno si è salvato da questa insistente opera di convincimento. Eppure
le soddisfazioni e le emozioni provate in tante occasioni sono
difficilmente quantificabili e misurabili: il mio primo ingresso al
Mirabello nel lontano ottobre del ’78 in occasione di un derby con il
Parma; l’inattesa telefonata di auguri (organizzata da mio fratello) per
i miei 18 anni da parte di Emilio Rinaldini, decano del giornalismo
reggiano che scriveva su “Forza Reggiana”, il giornalino che a quel
tempo si vendeva sulle gradinate dello stadio; il gagliardetto e la maglia
di Matteoli ricevuti all’Olimpico dal d.s. Sergio Sacchero nel 1982,
mentre mi passavano davanti tutti i giocatori granata mettendo un
autografo sulla mia agenda; le feste promozione nell’89 e nel ’93 al
Mirabello in cui portai con me rispettivamente mio fratello e mio cugino
(lo stesso che a soli due anni mi ripeteva a memoria la formazione della
Reggiana del ’78); la prima partita in A a S.Siro con l’Inter in uno
stadio che metteva i brividi (grazie anche ai 6.000 reggiani presenti); la
salvezza conquistata a S.Siro con il Milan, quando per poco mi saltano le
tonsille al fischio finale; le foto del viaggio di nozze di mia sorella e
di mio cognato che passando da Reggio Emilia erano entrati sul prato sia
del Mirabello che del Giglio parlando con il custode della mia passione;
la prima trasferta a Reggio con mia moglie per festeggiare la promozione
in A nel ’96, formando in Gradinata Sud una capannina con le nostre
sciarpe granata per ripararci dal cocente sole di giugno. Ogni volta che
sono stato in mezzo ai tifosi granata l’emozione è sempre stata grande.
Ultimamente, anche se i risultati della squadra sono stati molto scarsi,
una enorme soddisfazione mi è venuta da Internet dove, iniziando a
scrivere i miei ricordi pensando che non interessassero a nessuno, ho
conosciuto tante persone che condividono come me una grande passione (o
malattia?) per la Reggiana. Non potrò mai dimenticare la trasferta di
Arezzo nell’ottobre del 2000: mia moglie ed io arriviamo in curva ospiti
per primi in assoluto (a parte le forze dell’ordine) e ci sistemiamo su
un lato del settore, per far riparare mia moglie dal sole. Durante
l’intervallo, mi avvicino ai tifosi granata presenti per chiedere una
sciarpa e non appena si sparge la voce che io sono il ragazzo di Roma che
scrive i suoi ricordi granata su Internet, arriva uno dei responsabili del
Gruppo Vandelli, Davide, che mi offre una sciarpa bellissima che conservo
gelosamente. Non meno generoso è stato anche Franco delle Teste Quadre,
con cui tra l’altro ho rievocato in pchi minuti tante partite e
giocatori della Reggiana. Il ricordo di quel pomeriggio rimarrà
indelebile nella mia mente, così come tutte le persone che ho conosciuto
in quell’occasione.
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F-104 - Trasferta di Arezzo, campionato 2001/2002 - 15 Dic. 2001 |
Il prototipo dell’ULTRAS creato dai mass media è quello di un teppista che si porta allo stadio le frustrazioni di tutta la settimana e dà sfogo alla grande violenza che ha dentro, scontrandosi con i tifosi avversari e pure con le forze dell’ordine che non aspettano altro che malmenarlo. Qualche volta può anche accadere questo, ma ripeto qualche volta. Molta gente non va più allo stadio perché pensa a chissà quali pericoli potrebbe andare incontro ed invece si perde uno spettacolo che solo dal vivo assume tutto il suo valore. Domenica 25 novembre la Reggiana giocava ad Arezzo, la città più vicina a Roma in questo campionato. Come mancare un simile appuntamento? Eppure i motivi per rinunciare erano molti: il campionato ancora una volta deludente dei granata, il fatto che si trattava sempre di una partita di serie C1, il freddo, le prese in giro degli amici, le parole del papà che diceva: “Stattene a casa, dai retta a me”. Ma dentro c’è sempre una molla che ti fa andare a vedere la partita per gridare “Forza Reggiana” dalla gradinata. Quello che ho vissuto quella domenica ad Arezzo è esattamente l’esatto contrario del prototipo di ULTRAS creato dai mass media ed è quello che succede la stragrande maggioranza delle domeniche negli stadi. Arrivo allo stadio tre quarti d’ora prima della partita e faccio il biglietto. Mi avvicino all’ingresso della curva ospiti dove c’è l’inserviente dell’anno scorso (“Ci rivediamo dopo un anno, eh? Si ricorda, vengo da Roma per tifare Reggiana”) e sei celerini più il maresciallo che mi chiedono di far vedere loro il contenuto dello zainetto (granata, per inciso). Praticamente più che svuotare lo zainetto dico quello che c’è e la loro attenzione va su due bottigliette d’acqua che mi ero portato. Il maresciallo mi dice con una battuta: “Ma pensavi di venire nel deserto?” ed io “Lo zainetto con queste cose da mangiare sono state preparate amorevolmente da mia moglie per il viaggio, io ci ho aggiunto solo le sciarpe T.Q. e G.V.”. Entro nella curva ancora vuota ed inizio a guardare i “prodi” granata che iniziano il riscaldamento finchè, finalmente, arrivano i tifosi da Reggio. Saluti con i vecchi amici e presentazioni con alcuni ragazzi del Muro, RCF e Cubo Magico. Non c’è nemmeno il tempo di scambiare due chiacchere che iniziano i cori. Per tutto il primo tempo non c’è neanche un minuto di pausa, il grido “Reggiana segna per noi, solo per noi” è continuo, anche se in campo i granata (per la prima volta in maglia bianca, per la verità, e me li sono beccati proprio io) sono riusciti a fare un solo tiro in porta, rischiando per contro di prendere qualche gol. I ragazzi della curva sono stati un vero spettacolo, alternando il coro di cui sopra alzando le mani, stando seduti, facendo addirittura le flessioni sulle gradinate, il tutto in mezzo ad un grande divertimento. Anche l’inserviente della curva guardava con lo sguardo ammirato tanta simpatia: e questo sarebbe il mondo ultras che fa così paura? Nell’intervallo mi si avvicina il maresciallo che dice “Hanno segnato Samuel e Batistuta” ed io rispondo con un sorriso “Grazie, ma non mi interessa” ma poi ho saputo che anche lui era di Roma. Inizia la ripresa e si cambia registro: comincia lo sfottò con i tifosi avversari, scimmiottando i loro cori “Arezzo Arezzo” o “Arezzo v…” ma lo spasso si è avuto quando un tifoso un po’ buffo della tribuna laterale (spuntava la pancia tra il maglione e la cinta dei pantaloni) veniva verso la curva inveendo contro di noi. La risposta è stata “Ciccione Ciccione” e alla sua ulteriore avanzata sempre più “minacciosa”, tutta la curva ha fatto finta di scappare. Che spettacolo e che divertimento! Purtroppo sul campo l’Arezzo era passato in vantaggio ma ciò non ha diminuito il tifo e la goliardia della curva. Immagino che anche il viaggio in pullman sia stato divertente e sia stato un’occasione per fare ancora di più amicizia: il Gruppo Vandelli, in più, in ogni trasferta si ferma al ristorante per gustare i piatti tipici della zona. Ogni volta che sono andato allo stadio è sempre stata per me una bellissima esperienza, altro che ultras violenti e di poliziotti che si accaniscono su di loro come quelli “dipinti” dei mass media! Colgo l’occasione per salutare tutti i ragazzi che ho incontrato in curva, in particolar modo RCF, Cubo Magico, Franco delle T.Q., Angelo del G.V. ed il maresciallo di Roma.
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